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Il bimbo sogna già prima di nascere?

Pubblicato il : 2013-05-11, Visualizzazioni : 2914,

Nell'adulto il sonno REM*, caratterizzato dal continuo roteare degli occhi sotto le palpebre, occupa il 20 per cento del sonno totale. Dal punto di vista neurofisiologico è assai simile alla veglia, il cervello è attivo, vivace, e l'attività onirica è al massimo. Svegliata in questa fase, una persona riesce di solito a raccontare un sogno complesso. Questo tipo di sonno serve a riordinare le informazioni e gli schemi di pensiero acquisiti da svegli.42-18666491-

Nel feto – che si pensa trascorra dormendo dal 70 al 90 per cento della sua vita – il REM occupa la totalità del sonno intorno alla 30a settimana, per scendere al 50 per cento a fine gravidanza. Ma perché il feto ha bisogno di questa fase tipicamente onirica? È in grado di sognare?

Il primo contatto con la mamma

Alcuni studiosi, come lo psicologo neonatale Gino Soldera, ritengono la struttura del cervello fetale assai più precoce e complessa di quanto siamo portati a credere: "Le ricerche più recenti suggeriscono che il bimbo sia in grado di recepire gli stimoli ambientali, reagendo a essi o escludendoli, e il REM è proprio lo strumento indispensabile per rielaborare le esperienze e favorire la maturazione delle varie aree cerebrali, consolidando la memoria e le capacità cognitive".

In altri termini, il piccino ha contatti con la realtà (la voce della mamma, i sapori e gli odori del mondo esterno che si irradiano nel liquido amniotico, forse una luminosità che penetra attraverso i tessuti) e, quasi come un adulto, deve memorizzare e riordinare queste esperienze con l'aiuto del sonno.

È quindi possibile che, "se" sogna, il piccolo rielabori rudimentali sensazioni tattili, olfattive, gustative e uditive – non essendoci alcuna immagine archiviata nella sua mente – oppure anche quelle impalpabili correnti emotive, quella comunicazione empatica tra madre e figlio che la scienza non sa spiegare (ma che molte donne in attesa vivono quotidianamente).

La sua realtà virtuale

Tuttavia, che il feto abbia un'attività onirica simile all'adulto resta soltanto un'ipotesi. "Il problema è che, trattandosi di un'azione soggettiva, potremmo saperlo con certezza soltanto... interrogando l'interessato", ricorda Marcello Massimini, neurofisiologo dell'Università di Milano. "E questo vale anche per il neonato: vediamo il movimento rapido dei suoi occhi e immaginiamo che sogni di bere il latte o di essere abbracciato dalla mamma, ma non possiamo esserne certi".

Dal punto di vista strettamente neurofisiologico, si può anche ipotizzare che il "sogno" fetale non sia altro che un'attività elettrica generata proprio per sopperire all'insufficienza di stimoli esterni. "I circuiti cerebrali, per maturare e sviluppare le connessioni tra i neuroni, hanno bisogno di essere attivati", spiega Massimini. "Malgrado tutto, il ventre materno è troppo isolato e probabilmente le sensazioni trasmesse dalla mamma non sono sufficienti a mettere sotto sforzo i diversi compartimenti del cervello. Quindi il sonno REM potrebbe essere proprio questo: una sorta di realtà virtuale creata appositamente per far lavorare questi circuiti."

Tra scienza e sentimento

L'analisi "materialistica" ha senso soprattutto se consideriamo l'aspetto più evidente del REM, cioè il dinamismo degli occhi. "Le stimolazioni visive sono tra le più importanti per lo sviluppo cerebrale, ma contemporaneamente le meno presenti nel ventre materno", osserva Massimini, "e questi continui movimenti fanno pensare che il bimbo produca una sorta di realtà visuale interna che insegue, letteralmente, con lo sguardo. In conclusione: allo stato attuale delle nostre conoscenze, la funzione del sonno REM sembra destinata ad attivare fisicamente i circuiti neurali del nascituro – in particolare la corteccia posteriore, legata alla visione – piuttosto che a rielaborare esperienze soggettive attraverso il sogno, come fanno gli esseri umani adulti".

Ma, indipendentemente dalle conoscenze biologiche sul sonno fetale, resta il fatto che anche questa fase della vita del bimbo costituisce un ennesimo legame tra lui e la mamma. E a riconoscerlo è un'altra neurofisiologa, Luisa Lopez, docente all'Università di Roma Tor Vergata: "Soprattutto nel terzo trimestre, i loro cicli sonno-veglia (detti anche ritmi circadiani) sono collegati, sebbene spesso in modo inverso: quando la futura mamm dorme, il piccolo tende a restare sveglio e ad agitarsi, mentre si tranquillizza quando lei è attiva, come se i movimenti lo cullassero".

*REM: (rapid eye movement)

Articolo di Roberto C. Sonaglia



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